logo biblioteca

Catalogo online BiblioLucca

Fondo Ian Greenlees

La Biblioteca di Ian Greenlees a Bagni di Lucca di Mario Curreli

Per molti anni direttore del British Council a Roma, poi, dal 1958 al 1981, del British Institute di Firenze, al pari di molti suoi connazionali lo scozzese Ian Greenlees (1913-1988) aveva scelto di risiedere in una casa nascosta nella verde valle della Lima, dove trascorse gli ultimi anni circondato dai suoi amati libri.

Donata al Comune di Bagni di Lucca – che ne garantirà l’accesso agli studiosi nei suggestivi spazi della vecchia Anglican Church – la biblioteca di Greenlees a Casa Mansi riflette i vasti interessi culturali, le passioni e le curiosità artistiche di una personalità veramente poliedrica. Parecchie migliaia di volumi, spesso in più tomi, spaziano dalla prediletta letteratura di viaggio di Eustace a quella di Hoare, da Italy di Lady Morgan all’Italian Journal di Samuel Rogers; da Edward Lear e Lenormant, predecessori di Gissing sulle rive dello Ionio, a Lithgow, Lucas, Moore e Hare, da Swinburne e Roscoe a Hewlett, dagli Handbooks di John Murray alle guide Pevsner. Spiccano numerosi studi sulla storia, la lingua, i costumi e i monumenti della Napoli borbonica, dei prediletti Amalfi e Ravello, o della Capri di Gorki e dei Cerio, di Munthe e Wilde, di Peyrefitte e della Yourcenar. Anche Greenlees vi aveva acquistato una casa per le vacanze, Villa Fraita di Anacapri, cedutagli nel 1949 dal medico e romanziere Francis Brett Young, il prolifico autore dei “Mercian Novels”.

I gusti davvero eclettici di Greenlees, figlio di una Stewart ed erede di produttori di whisky, traspaiono dalla presenza in biblioteca degli studi fondamentali sulle necropoli etrusche del Dennis accanto alla storia del whisky di David Daiches, altro scozzese eccentrico. Dalla pittura rinascimentale si passa al Foreign Investor di Merrill Lynch; dall’arte culinaria di Apicio allo Shilling Cookery for the People di Soyer, dall’Artusi ai Vini d’Italia di Veronelli e a ben tre edizioni del Talismano della felicità di Ada Boni, vero toccasana per uno scapolo. Accanto al Dante illustrato e autografato da Guttuso, che gli fece anche un ritratto in divisa militare (Greenlees ebbe il grado di maggiore), si trovano i libretti di Lorenzo Da Ponte, di Wagner e Francesco Maria Piave. Alla popolare saga di Don Camillo, letta in originale e in traduzione, si mescolano scrittori omosessuali, da Gide, Lorca e Peyrefitte, a Palazzeschi, Pasolini e Penna; da Firbank, Forster e Waugh a Maugham, Hartley e Douglas. All’ultimo di questi Greenlees dedicò nel 1957 una breve monografia, riedita da Longman nel 1971, cui ne va aggiunta un’altra, ancora più concisa, del suo amico, Robin Chanter, bibliotecario del British Institute, qui presente anche con un dattiloscritto delle Conversations with a Retired Gentleman che varrebbe la pena pubblicare.

Rilegati in pelle azzurra con impressioni in oro ed ex-libris di Laura e Robin Chanter, i cinque volumi del catalogo della biblioteca, più uno di aggiornamenti, comprendono diverse migliaia di schede dattiloscritte, ordinate alfabeticamente per autore, che vanno dal garibaldino Giuseppe Cesare Abba e dall’esteta anglo-fiorentino Sir Harold Acton, passando per folte rappresentanze dell’Arbiter Berenson, dei “Laureate Poets” John Betjeman e Cecil Day Lewis, del cattolico-romano Chesterton e del Vate D’Annunzio, per concludere con una collezione dei romanzi della Woolf per i tipi della Hogarth Press, con varie edizioni di Zola e una traduzione di Stefan Zweig.
Scorrono nella lista pregevoli cinquecentine di Sermoni funebri, di opere di Cicerone, Boccaccio e dell’Aretino, dell’Ariosto, di Bandello e del Bembo, di Dolce e del Doni, di Erodoto, Ficino e Guarini, nonché aldine dei Viaggi fatti da Vinetia e giuntine del Cento novelle. Si va da edizioni seicentesche di Marino e Ruzante, della Descrittione del Regno di Napoli, del Pentamerone e delle opere di William Davenant, a quelle settecentesche di Virgilio e Sacchetti, di Locke, Pascal e Voltaire, nonché dell’Odissea di Pope e della Istoria del Granducato di Toscana del Galluzzi. In questa sezione spiccano edizioni di Defoe, Richardson, Smollett, Sterne e Swift, la Life of Colley Cibber e i dodici volumi del Decline and Fall of the Roman Empire di Gibbon.
Il fondo più consistente è, prevedibilmente, quello ottocentesco, nel quale figurano in maniera cospicua edizioni originali di autori inglesi romantici e vittoriani, più o meno famosi: da Blake e Burns a John Clare, dagli Shelley a Lord Byron, dai Browning ai Rossetti, da Scott a Dickens e Charles Reade, da Ruskin a Morris, rappresentati da molte edizioni originali, accanto agli ormai quasi dimenticati, ma un tempo assai noti, Walter Savage Landor e Charles Lever, Vernon Lee e Ouida, che amarono soggiornare in Toscana e in particolare a Bagni di Lucca. Alcuni di questi nascosti tesori bibliografici hanno costituito motivo di vero interesse quando sono stati esposti nel corso di recenti convegni internazionali, organizzati in collaborazione fra il Comune di Bagni di Lucca, la Fondazione Michel de Montaigne e il Dipartimento di Anglistica dell’Università di Pisa. Sui suoi autori preferiti, e sui viaggiatori inglesi nella Toscana dell’Ottocento, Greenlees tenne varie conferenze, nelle Università di Firenze e Pisa, all’Anglo-Italian Club di Viareggio e nel corso di congressi storico-letterari che lui stesso contribuì ad organizzare a Bagni di Lucca.
A singoli volumi di gran pregio si affiancano serie complete, come i trentotto volumi degli Aldine Poets, i sedici volumi dei Works nell’edizione Methuen della vittoriana Marie Corelli, i trentasei di un’altra personalità dimenticata, Marion Crawford; ventiquattro di William Morris, oltre una sessantina di titoli di Stevenson, diciotto dei Wessex Novels hardiani; i quarantadue volumi, non tutti d’epoca, di Gissing; i trentadue dell’edizione Constable di Meredith e i quindici di Proust nell’edizione Gallimard; i venti delle opere di Conrad nell’edizione Grant del 1925; i due fratelli Durrell e i tre Powys, rappresentati in pari misura, insieme a una nutrita schiera di titoli trolloppiani. Sugli scaffali si riconoscono i dorsi mattone di sessantasei titoli crociani di Laterza, accanto agli oltre ottanta di Salgari, il quale batte perfino Shakespeare e Shaw ed è superato soltanto dagli oltre cento titoli dei prolifici Sitwell.
Tutte opere acquistate sul mercato antiquario internazionale, alle aste di Christie’s o Sotheby’s, delle quali Greenlees conservava i ricchi cataloghi, oppure cercate amorosamente sulle bancarelle: non era raro scorgere la figura imponente del burbero direttore aggirarsi nei mercatini e nelle librerie fiorentine, da Gonnelli o da Seeber. Qui veniva accolto dai cordiali accenti della Gina, il vero genio del luogo, che gli mostrava le ultime novità. Molti dei suoi libri, spesso con dediche autografe, Greenlees li aveva ricevuti in dono dai maggiori scrittori del Novecento. Alcuni dei quali, da Graham Greene a Mario Soldati, da Moravia alla Morante, dagli anglisti italiani (Praz, Baldi, Pellegrini) agli italianisti inglesi, erano stati amici letterati, compagni di studi e sodali o commilitoni del tempo di guerra. Durante la quale, al pari del doppiogiochista Harold “Kim” Philby o dell’agente segreto Ian Fleming, venne anche lui impiegato nei Servizi britannici e, nel 1943-44, diresse le trasmissioni di Radio Bari. Da questa prima emittente della EIAR liberata dagli Alleati, un giovanissimo Aldo Moro rivolse un appello agli italiani.
In biblioteca non mancano annate di riviste – dalla Nuova Antologia al Menabò, da Paragone e Il Ponte alla Rassegna Lucchese, dallo Spectator e The Tatler allo Yellow Book e all’Antique Collector – rare edizioni di pamphlets a tiratura limitata, incluse le Dissertazioni di Spallanzani e una raccolta di microstorie locali di Bruno Cherubini. Fra le rarità spiccano edizioni del Castello di Udine gaddiano nelle edizioni di Solaria, opere di Richard Aldington e Charles Morgan, nonché opuscoli di Norman Douglas, W.S. Maugham, o D.H. Lawrence (quest’ultimo come autore in proprio e traduttore del Grazzini detto “Il Lasca” o del Mastro Don Gesualdo), molti dei quali allestiti per i tipi prestigiosi del libraio-editore fiorentino Pino Orioli.
Sono altresì presenti numerose traduzioni in varie lingue: dalle memorie autobiografiche di Alfieri, nell’edizione londinese in due volumi di Colburn del 1810, a quelle di Casanova in una privately printed edition in dodici volumi del 1894; da ben nove raccolte diverse delle Mille e una notte, in inglese, francese e italiano, per complessivi quaranta pezzi bibliografici, ai quarantaquattro volumi delle opere di Balzac in inglese. Scorrono davanti agli occhi traduzioni dell’intrepido Lauro De Bosis, i cinque volumi del Don Chisciotte nella versione di Smollett e quella, purtroppo incompleta di Peter Motteux; si passa dal Cid tradotto da Robert Southey, il poeta laureato irriso per la sua piaggeria da Lord Byron, a sette o otto versioni diverse di Dante, incluse quelle di Cary e della Sayers. Si va da versioni di Manzoni e Calvino, Ugo Pirro e Tomasi di Lampedusa, eseguite dall’amico scozzese Archibald “Archie” Colquhoun (poi fattosi monaco cistercense), a quelle dei classici russi di Constance Garnett, qui presente accanto ad opere del suocero Richard, bibliotecario del British Museum, e del figlio David, giovane leone di Bloomsbury. Preziosi il dattiloscritto originale e la introvabile prima edizione Ali del 1944 della versione di Little Gidding eseguita a quattro mani da Tommaso Giglio e Raffaele La Capria.
Donato nel 1991 al Comune di Bagni di Lucca da Robin Chanter – in esecuzione del lascito testamentario dello stesso Greenlees, cittadino onorario dal 1972 e sepolto nel cimitero locale – un corpus simile, di cui si sono citati appena alcuni dei principali tesori, meriterebbe di essere elevato a fondazione culturale. Una biblioteca come questa sarebbe capace di attrarre studenti e studiosi delle tre università toscane nell’amena stazione termale, citata dall’elisabettiano Webster, decantata da Montaigne e Heine, frequentata dagli Shelley, amata dai Browning e da schiere di loro ammiratori che qui si dirigono e spesso decidono di restare.

Il Fondo Ian Greenlees è stato oggetto di intervento di catalogazione terminato nel 2023 a cura del dottor Lanfranco Raiani

Archivio Ian Greenlees

L’Archivio di Ian Greenlees (1913-1988) di Tommaso Maria Rossi

“L’Archivio di Ian Greenlees è conservato presso la Biblioteca Comunale “Adolfo Betti” di Bagni di Lucca. Con deliberazione del 15 luglio 1991, il Consiglio Comunale di Bagni di Lucca accettava la donazione dei circa ventimila volumi della Biblioteca personale di Ian Greenlees, mentre l’archivio rimaneva presso l’abitazione di Casa Mansi per poi essere messo in sicurezza e depositato presso alcuni locali del Comune. È doveroso ricordare che il riordino delle carte e la pubblicazione del presente inventario sono stati possibili grazie alla sensibilità culturale che caratterizza da sempre l’attività della Fondazione Culturale Michel de Montagne di Bagni di Lucca.

Si sta qui trattando dell’inventariazione di un archivio privato, una tipologia archivistica sulla quale si è a lungo discusso. Vi sono due problematiche legate all’inventariazione del materiale documentario di lan Greenlees. Innanzitutto l’archivio si trova oggi presso una biblioteca, ovvero un bene culturale decisamente distinto da un archivio. In secondo luogo, affrontare il riordino di un archivio privato risulta un’operazione assai complessa, in particolare se si pensa all’archivio di un personaggio con diverse cariche pubbliche e di rilievo, tipologia che pone non poche difficoltà. L’archivio, infatti, per sua stessa definizione è il complesso di scritture prodotte da entità pubbliche o private durante lo svolgimento delle proprie funzioni. Ed è questo ovviamente il caso della documentazione prodotta da lan Greenlees, per diversi anni direttore del British Institute of Florence, nonché ospite di numerosi eventi e manifestazioni, relatore in svariati congressi. Solo lo studio preciso e accurato del soggetto produttore permette all’archivista di operare il corretto riordino delle carte. È poi necessario fare riferimento a precedenti esperienze di riordino, senza dimenticare la particolare natura degli archivi privati e di persona, argomento sul quale esiste una vasta letteratura.

Guardando nello specifico il fondo Greenlees, un primo sopralluogo all’archivio è avvenuto in data 22 novembre 2013 e in quell’occasione grazie ad una sommaria divisione del materiale operata da Angela Amadei e Roberta Antonelli, è stato possibile individuare fin da subito due diversi fondi documentari: uno riconducibile a lan Greenlees e uno riferibile Robin Chanter e a sua moglie Laura, ognuno dei quali molto ricco di corrispondenza. Si è proceduto quindi alla redazione di un elenco di consistenza analitico così da individuare la precisa situazione in cui versava l’archivio e poter predisporre la successiva attività di riordino.”

 

Focalizzando l’attenzione esclusivamente sulla produzione documentaria riconducibile a Ian Greenlees si ricavano quattro gruppi di raccolta:

Corrispondenza

British Institute of Florence

Attività Culturale

Amministrazione

Regolamento per la consultazione dell’Archivio Ian Greenlees

 Ammissione e accesso

Sono ammessi alla consultazione ricercatori, studenti universitari e studiosi.

Per l’ammissione occorre compilare un apposito modulo indicando le proprie generalità, la qualifica e l’argomento della ricerca che si intende svolgere.

Nell’eventualità di una pubblicazione effettuata con la documentazione conservata in Archivio, gli utenti si impegnano a farne pervenire una copia all’Archivio.

Tutti i dati personali saranno tutelati come da legge sulla privacy.

Lo studioso non deve portare con sé borse e cartelle, ma tenere esclusivamente lo stretto necessario per le annotazioni (carta, matita, PC portatile). È vietato l’uso di penne.

L’Archivio segue l’orario di apertura della Biblioteca. Eventuali chiusure straordinarie saranno segnalate per tempo sul sito o in bacheca.

Consultazione

La consultazione dei documenti deve essere autorizzata dal Presidente della Fondazione Culturale Michel de Montaigne, previa domanda scritta del richiedente.

La consultazione del materiale può essere oggetto di particolari restrizioni per ragioni di conservazione e tutela.

È proibito portare fuori della sede dell’Archivio qualsiasi volume e documento. Solo l’autorità competente può autorizzare la concessione di documenti dell’Archivio per mostre e simili, con le opportune cautele di natura giuridica e assicurativa.

Riproduzioni e Copyright

La riproduzione dei documenti dell’Archivio dovrà essere autorizzata dal personale previa apposita richiesta.

L’autorizzazione alla riproduzione può essere negata in caso di pessimo stato di conservazione dei documenti.

Tutte le riproduzioni di materiale documentario dell’Archivio saranno eseguite direttamente dal personale. I costi delle riproduzioni ammontano a 1,00 € a scatto. La Fondazione Culturale Michel de Montaigne mantiene il diritto di poter aggiornare il costo delle riproduzioni.

È vietato usare strumenti personali come apparecchi fotografici, scanner et similia per copiare o riprodurre materiale dell’Archivio. I contravventori saranno esclusi dall’accesso all’Archivio.

Immagini tratte da materiale conservato nell’Archivio possono essere pubblicate solo dietro autorizzazione scritta del Presidente della Fondazione Culturale Michel de Montaigne. Anche dopo aver accordato l’autorizzazione alla pubblicazione, la Fondazione si riserva il diritto di pubblicare in altra sede le immagini in questione.

Un prezioso ritrovamento: note manoscritte di Benedetto Croce nella Biblioteca di Bagni di Lucca

Letto il 17 marzo 2016 nell’ambito dell’Anno Accademico 2016 dell’UNITRE’ di Bagni di Lucca

Dal Prof. Marcello Cherubini, Presidente della Fondazione Culturale Michel de Montaigne

Considerazioni storiche e perizia grafologica.
L’inglese Ian Greenlees, come è noto, ha voluto che la sua ricchissima biblioteca fosse donata al Comune di Bagni di Lucca; i circa 20.000 volumi sono custoditi all’interno della ex Chiesa Inglese, oggi Biblioteca Comunale.
Ian Greenlees, all’età di 56 anni, aveva scelto di vivere a Bagni di Lucca dove nel 1969 acquistò una antica dimora: Casa Mansi al Bagno alla Villa.
Egli fra gli anni 1967 e 1975 organizzò al Casino di Ponte a Serraglio sette Convegni di altissimo livello cui parteciparono illustri studiosi, noti giornalisti, politici del momento e diplomatici. Fra questi convegni, quello dell’ottobre 1972, aveva per titolo Inghilterra e Italia nel ‘900 e i relativi Atti furono pubblicati dalla casa editrice La Nuova Italia l’anno successivo.
Scorrendo l’indice ci si può rendere conto dei prestigiosi nomi dei relatori e degli ospiti: Sir P. Hancock, ambasciatore di Sua Maestà Britannica, Harold Acton, Giuliana Artom Treves, Rolando Anzillotti, Mario Soldati, Giuliano Pellegrini, Denis Mack Smith, Cristopher Seton-Watson, Ruggero Orlando, Lord Hastings, Michele Cifarelli, Giorgio Spini, Eugenio Artom, solo per citarne alcuni.
Ian Greenlees tenne il discorso di apertura e di chiusura del Convegno e in una specifica relazione, riferì della sua esperienza di direttore di Radio Bari nel 1943-1944.
1L’emittente barese era stata la principale struttura dell’EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) e dopo l’armistizio svolse importanti funzioni nell’ambito di quella che fu definita la guerra per onde. La sua sede, che i tedeschi volevano radere al suolo, fu salvata, insieme al porto di Bari, da quella spontanea insurrezione popolare che è entrata negli annali non solo della resistenza barese, ma di quella italiana.
Il Re e Badoglio, dopo l’8 settembre 1943 , come è noto, avevano precipitosamente lasciato Roma e nelle prime ore del pomeriggio del 10 settembre erano giunti, dopo essersi imbarcati a Pescara, nel porto di Brindisi.
All’indomani Radio Bari trasmetteva l’appello del Re e del Capo di Governo a reagire alla vendetta tedesca per quello che era considerato un tradimento. A nulla valsero i proclami reali e governativi perché, nonostante la resistenza armata, i nazisti , proprio in quella regione, commisero atroci eccidi contro la popolazione e contro i militari italiani che ancora non si erano riuniti ai loro reparti e che vagavano per le campagne pugliesi.
Ed ecco che il 12 settembre 1943 appare sulla scena il maggiore inglese Ian Greenlees che al seguito delle truppe alleate e responsabile dell’ufficio della guerra psicologica (PWB: Psycological Warfare Branch) era sbarcato dapprima a Taranto e poi aveva ricevuto l’ordine di occupare la sede dell’EIAR a Bari.
Dal momento dell’occupazione alleata, Radio Bari- affidata alla guida illuminata e pluralista di Ian Greenlees- si chiamò “Libera voce del Governo d’Italia” e fu la prima radio libera in Italia dopo la caduta del fascismo. Fu infatti la stazione radiofonica che fino alla liberazione di Roma trasmetteva programmi italiani, veramente italiani, del tutto liberi (benché soggetti alla censura militare) e che permetteva agli uomini politici di tutti i partiti antifascisti di esprimere liberamente le loro opinioni.
A differenza della Radio di Palermo che, occupata anch’essa dagli alleati, serviva per informazioni e coordinamento di carattere puramente militare, Radio Bari era una trasmittente che raggiungeva i partigiani sia italiani che iugoslavi e dava loro non solo informazioni sugli spostamenti del nemico nazi-fascista.
Il suo compito fu ancora più importante e più nobile perché, come già detto, ai suoi microfoni si alternavano le voci di esponenti di ogni posizione politica che contribuirono,
con i loro interventi appassionati, alla formazione di una coscienza antifascista e democratica di chi li ascoltava al Sud come al Nord, costituendo così una “imbastitura culturale” da cui poi nascerà la nuova Italia democratica e repubblicana.
Mi piace riportare il giudizio su Radio Bari apparso in quei giorni sul Times mentre la trasmittente era operativa. Il quotidiano londinese la battezzò “The United Nations Radio of Bari”:
“Quando dalla radio di Bari udiamo rappresentati i punti di vista dei vari partiti; quando gli esponenti dell’antifascismo da quel microfono possono accusare il Re di fascismo e criticare il governo Badoglio perché non rappresentativo delle forze italiane; quando ai monarchici è consentito di servirsi dello stesso mezzo tecnico per ribattere le accuse; quando anche a personaggi che con il fascismo hanno civettato o che del fascismo si sono serviti; quando anche a costoro è permesso di giustificarsi pubblicamente; insomma, quando da una stazione radio possono parlare liberali e socialisti, cristiani democristiani e comunisti, monarchici e repubblicani, questo è democrazia”. Credo che quanto ho or ora letto sia sufficiente per capire cosa fu Radio Bari e per capire chi era Ian Greenlees che ne fu il responsabile fino alla fine del febbraio 1944, allorquando ricevette il comando di recarsi a Roma. Ritornerà a Bari solo quindici anni dopo, per rivedere il piccolo studio di quella sede radiofonica da dove aveva trasmesso per qua sei mesi la voce dell’Italia libera.
I personaggi della cultura, della politica, dell’informazione, dello spettacolo, che si alternavano ai microfoni, erano chiamati I cento di Radio Bari. Fra questi ricordo Michele Cifarelli, la voce forse più autorevole e grande amico del maggiore Greenlees; Aldo Moro che, dirigente della FUCI, incitava alla lotta i giovani partigiani universitari; Tommaso Fiore, lo storico che aveva rivelato il vero volto del fascismo; Annibale del Mare allora giovane capitano che, finita la guerra, nel 1975 pubblicherà un libro di memorie su quel tragico periodo della nostra storia, dal titolo “Italia dopo”. Ne regalò a Ian Greenlees una copia, oggi conservata nella Biblioteca di Bagni di Lucca, con questa dedica che tutto fa intendere sul ruolo del giovane soldato inglese: “Al carissimo Magg. Ian Greenlees che per primo donò alla mia coscienza la commossa gioia per la rinascita della libertà di pensiero, di parola e
di stampa nel settembre del ’43 a Bari, queste pagine di comuni ricordi, con sincera amicizia, gratitudine e ammirazione. Annibale del Mare Milano 10/5/1975.”
L’elenco delle voci di Radio Bari potrebbe continuare, ma voglio ricordare la giornalista e scrittrice Alba de Cespedes, che perseguitata dal fascismo per aver scritto il romanzo Nessuno torni indietro, dopo l’8 settembre raggiunse Bari e si mise al servizio di quella Radio col nome di battaglia Clorinda. Clorinda divenne ben presto la voce femminile alla quale era stato affidato il programma “Italia combatte”, fra i più ascoltati e attesi di quella Radio.
Ma tutti questi intellettuali che raggiunsero in quei giorni Bari fra mille pericoli, erano tutti cresciuti sotto l’insegnamento di un grande, piccolo uomo: Benedetto Croce.
E quando i partiti uniti chiesero di riunirsi in Congresso a Napoli, gli Alleati negarono il permesso perché Napoli era troppo vicina al fronte, ma concessero, invece, che il Congresso si svolgesse a Bari, dove infatti si tenne presso il Teatro Piccinni nei giorni 28 e 29 gennaio del 1944.
Per motivi di sicurezza e di ordine pubblico non fu permesso a Radio Bari di trasmettere in diretta gli interventi, ma il maggiore Greenlees fu incaricato di registrarli e come egli stesso ricorderà in seguito “ riuscimmo a registrare gli interventi più significativi e quasi tutto il discorso di Croce. Passammo questo prezioso materiale alla Bbc e da Radio Londra il Congresso di Bari ebbe un lancio tale che fu seguito da tutto il mondo”.
Il discorso di apertura fu tenuto da Benedetto Croce; seguirono poi gli interventi di Carlo Sforza, Michele Cifarelli e di altri. Al Congresso, come detto, parteciparono i partiti che facevano parte del CLN (liberali, democristiani, democratici del Lavoro, Partito d’Azione, socialisti e comunisti).
Ebbene proprio Ian Greenlees, nel ricordato Convegno di Bagni di Lucca del 1972, nel suo intervento dal titolo Radio Bari 1943-1944, afferma che le basi della democrazia italiana furono gettate al Congresso di Bari dove furono create le premesse per la formazione del governo dei partiti presieduto da Badoglio in marzo a Salerno e, più tardi, di quello presieduto da Ivanoe Bonomi a Roma nel giugno del 1944.
Di tutti i discorsi di quello storico Congresso, Ian Greenlees ricorda soprattutto quello di apertura tenuto da Benedetto Croce, di cui cita ampi passi.
E Alba de Cespedes, Clorinda, che abbiamo già ricordato, dai microfoni di Radio Bari, commentando il Congresso per farlo conoscere alle forze della resistenza del nord Italia, ebbe a dire, a proposito del discorso di apertura tenuto da Croce:
“….quando vidi Benedetto Croce -del quale avevo appreso attraverso i libri ad avere tanto rispetto ed amore -entrare sul palcoscenico come un ometto, con un paltoncino marrone e posare il cappello sul tavolino, semplicemente, senza nessuno attorno a lui che s’affannasse ad aiutarlo, e quando lo vidi leggere il suo discorso confidenzialmente, alzando un poco gli occhi sul pubblico….lo udii dire così semplicemente, la libertà, come avrebbe detto una parola qualunque, una di quelle parole che gli spiriti liberi sono abituati a pronunciare con dimestichezza, allora mi gettai ad applaudire furiosamente…….Cominciai a capire che non soltanto un regime era finito, ma tutto un modo di vivere, un modo di essere e di ragionare… Ed io pensavo a voi che siete dall’altra parte e avrei voluto che poteste vedere e sentire. C’era un gran sole, attorno, era proprio una giornata bellissima, come qualche volta in primavera quando ogni cosa rinasce e la speranza è più facile”.
Benedetto Croce quindi, salito sul palcoscenico allora quasi ottantenne, tirò fuori dalle tasche del suo cappottino marrone la bozza a stampa del suo discorso e ne dette lettura. Ian Greenllees nella conclusione della sua relazione del ricordato Convegno di Bagni di Lucca dice, a proposito del Congresso di Bari e del discorso di Croce : “… mi ricordo ancora chiaramente questo bellissimo discorso, di cui le bozze mi furono regalate da Croce stesso”. Incuriosita da questa affermazione, la Fondazione Culturale Michel de Montaigne che gestisce la Biblioteca Comunale e con essa il Fondo librario donato da Ian Greenlees, ha fatto una meticolosa ricerca fra i numerosissimi volumi ancora da catalogare e ha rinvenuto, rilegato in una copertina di cartone azzurro con stampigliato in color oro il titolo “Croce/La libertà italiana”, un sottile opuscoletto in carta povera contenente una pagina a mo’ di frontespizio con, vergate in penna stilografica, alcune righe manoscritte che noi così abbiamo letto: La libertà italiana/nella libertà del mondo/ Discorso/ al primo Congresso/ dei partiti/ tenuto a Bari il 28 gennaio 1944.
Merita precisare che la copertina in azzurro con titoli in oro è molto frequente nel Fondo Librario Greenlees, e che questo tipo di rilegatura fu commissionato, all’evidenza, da Greenlees stesso.
L’opuscolo si compone di otto pagine stampate solo sul recto contenenti proprio il discorso letto da Croce in quella fredda, ma luminosa, mattina del gennaio 1944 sul palcoscenico del Teatro Piccinni di Bari. Il testo contiene una serie di correzioni manoscritte in grafia simile a quella del frontespizio.
Subito si è pensato che quegli interventi manoscritti fossero di mano di Benedetto Croce e che quelle poche paginette fossero proprio le bozze di cui parlava Greenlees. Solo, però, una perizia grafologica avrebbe potuto dare una risposta certa.
Ci mettemmo quindi alla ricerca di un testo olografo di B. Croce necessario per la comparazione e subito avemmo la fortuna di trovare presso l’Archivio dell’amica famiglia Santini di Seravezza, un documento autografo dell’illustre italiano, sulla base del quale una specifica perizia grafica, commissionata alla Dott.ssa Maria Laura Ferrari , ha definitivamente permesso di attribuire, con assoluta certezza, alla mano di Benedetto Croce sia il titolo nel frontespizio sia le correzioni all’interno della bozza.
Del resto il confronto con il testo definitivo pubblicato all’indomani del Congresso di Bari, evidenzia come le correzioni siano state riportate nell’edizione definitiva di quel memorabile intervento nel teatro barese. Anche la nostra lettura del titolo dell’ingiallito frontespizio, ha trovato esatta rispondenza nella pubblicazione ufficiale e definitiva del Discorso stesso.
Prima però di passare ad analizzare gli interventi autografi di Benedetto Croce sulla bozza del suo discorso, vediamo in sintesi le principali argomentazioni contenute in questa storica prolusione del grande Maestro di disciplina intellettuale e morale, letta al Congresso di Bari che voleva essere, e lo fu, “l’occasione per salutare pubblicamente la fine della dittatura fascista” (cfr. R. Nigro)
Sintesi del discorso
Croce inizia descrivendo la solidarietà che gli italiani antifascisti hanno dimostrato verso i popoli che hanno sofferto sotto l’aggressione totalitaria.
Definisce il 10 giugno 1940, giorno della dichiarazione di guerra da parte di Mussolini alla Francia e all’Inghilterra, un giorno di lutto e di vergogna.
– Si sofferma quindi a esaminare il conflitto interiore di un cittadino leale che sente il dovere di partecipare alla guerra dichiarata dal proprio paese e nello stesso tempo avverte e si rende consapevole che la vittoria del proprio paese potrebbe arrecare danno se non addirittura distruggere le istituzioni liberali del paese o dei paesi sconfitti.
– Passa poi a descrivere la crescente consapevolezza diffusa in Italia che la causa degli Alleati è la causa della libertà e della civiltà.
– Quindi affronta il problema rappresentato dal Re, dichiarando apertamente che gli Alleati vorrebbero mantenere in piedi il potere monarchico e quindi anche gli elementi fascisti al seguito, fino al conseguimento della definitiva vittoria militare. Croce invece afferma categoricamente che fino a quando il Re rimarrà alla testa dello Stato, i cittadini liberali sentiranno che il fascismo non è finito, che prosegue la sua forma di corruzione e che potrebbe ancora riemergere in una forma più o meno celata.
– Critica poi il Governo di Brindisi affidato a Badoglio perché a suo dire manca di forza in quanto gli uomini al suo interno, capaci esperti e stimati, non vogliono giurare fedeltà al Re. E’ necessaria quindi la formazione di un Governo onesto e competente per offrire agli Alleati un appoggio effettivo e assolutamente leale.
– Il discorso termina con riferimenti alla tradizione liberale italiana e alla colpa dei popoli che non hanno saputo opporsi alla nascita del fascismo. L’Italia è stata la
prima nazione europea che è stata liberata dal giogo nazi-fascista e quindi è al
centro dell’attenzione di tutti gli altri popoli ancora soggiogati.
La restaurazione di un’Italia e di un’Europa libere realizzeranno un bisogno universale e la salvezza del mondo. Torneranno a vivere le idealità e le istituzioni liberali che i paesi europei non hanno mai perso totalmente.
Vediamo quindi le principali correzioni sostanziali e la correzione dei refusi presenti nelle bozze ritrovate e le considerazioni grafologiche che hanno permesso di attribuirle tutte alla mano di Benedetto Croce
Nel frontespizio, subito dopo l’articolo La, è stata cancellata da Croce stesso una paroletta graficamente molto breve, di non sicura lettura per il sovrapposto abbondante inchiostro di cancellazione. Si potrebbe avanzare l’ipotesi di un incipit della parola libera o libertà, ma non ne siamo certi. Dopo la parola partiti viene cancellato il termine riunito. Si ipotizza che Croce abbia preferito usare il termine tenuto che appare nella riga sottostante. Quindi tutto il frontespizio si legge così :
La libertà italiana nella libertà del mondo Discorso al primo Congresso dei partiti tenuto a Bari il 28 gennaio 1944.
Nella quarta pagina del testo del Discorso dopo la parola Europa viene aggiunta una virgola e delle pac viene corretto in della pace. Sempre nella quarta pagina l’espressione gesto fraseggio è corretta in goffo fraseggio, riferito alla dichiarazione di guerra pronunciata da Mussolini alla Francia e Inghilterra il 10 giugno 1940. Il goffo fraseggio erano state, a detta di Croce, le parole di Mussolini che alternavano fraseggio eroico e guerriero all’ impaccio per la consapevole menzogna delle parole pronunciate. In chiusura di pagina due virgole vengono opposte prima e dopo questa volta.
Nella pagina quinta dopo la parola Germania, al termine del primo capoverso, viene aggiunto oggi, per meglio far capire che la Germania (nel 1944 !) non aveva idee, ma cupidità ed istinti brutali.
La pagina sei contiene quattro correzioni di refusi: armistizi in armistizî; dopo Manzoni aggiunge una virgola; nell’espressione noi siamo vinti aggiunge l’articolo “ i” per dire che noi siamo non vinti ma i vinti, rafforzando in tal mondo l’espressione stessa. Infine dopo negare aggiunge una virgola.
La pagina sette contiene una integrazione sostanziale e cioè la frase che chiude il primo capoverso nella bozza dice: ….una delle innumeri distruzioni compiute dal distruttore fascismo. Croce aggiunge due parole [corruzioni e corruttore] e la frase di conseguenza diventa così più forte e censoria: ….una delle innumeri corruzioni e distruzioni compiute dal corruttore e distruttore fascismo. Il fascismo in tal modo è definito non solo distruttore, ma soprattutto corruttore degli animi, della morale del singolo individuo e di tutto un popolo. La corruzione è, per Benedetto Croce, reato ben più grave della distruzione!! L’anticipazione e la ripetizione di questo termine lo fa chiaramente intendere!!!!
A pagina otto non pochi refusi: resto corretto in re stesso; rimanevan delusi a disperdersi in rimanere delusi e disperdersi…; e infiacchirci corretto in a infiacchirci. Infine Su ciò diventa su questo.
In apertura di pagina nove è aggiunta una virgola dopo rappresentava. Subito dopo il periodo Gli alleati dovrebbero volere in Italia questo governo serio e validamente e generosamente appoggiarlo, subisce la seguente importante trasformazione: Gli alleati dovrebbero volere in Italia questo governo serio e lealmente e validamente appoggiarlo. Croce sostituisce l’avverbio generosamente con l’avverbio lealmente.
Alla generosità Croce preferisce quindi la lealtà degli alleati. La generosità è un aspetto materiale dell’aiuto, la lealtà un impegno e dovere morale! E sappiamo quanto la morale fosse importante nel pensiero Crociano, perché la morale promuove la vita, mentre l’interesse materiale è la continua insidia all’unità della vita stessa.
In decima pagina si avverte la volontà di Croce di farsi chiaramente intendere dagli alleati presenti nel Teatro Piccinni e si può immaginare che il suo tono di voce, a questo punto, si fosse alzato e lo sguardo fissasse l’uditorio quando pronunciò la seguente frase con l’aggiunta, fra parentesi, di due termini in lingua inglese! La bozza contiene la seguente espressione che conclude una considerazione su di un libro sul fascismo scritto da un
americano, che Croce considera il migliore sul tema e che auspica possa essere presto tradotto in italiano. Il libro – continua Croce- si chiude con la confessione che di ciò che è accaduto nel mondo la colpa è di tutti, con la sola differenza che se gli altri popoli, ora alleati, furono “stolti”, i pochi fascisti furono delittuosi (criminali). Questa considerazione è stata corretta con l’aggiunta, dopo stolti e tra parantesi, del termine inglese fools, con la cancellazione di pochi e con l’aggiunta, sempre fra parentesi, del termine (criminals) dopo delittuosi. Si precisa che queste sono le due uniche parole in inglese presenti in tutto il discorso. Del resto che i governi esteri fossero stati “stolti” nel sottovalutare la pericolosità di Mussolini e lo avessero anzi valorizzato definendolo addirittura “geniale”, Croce lo aveva più volte professato a chiare lettere.
Seguono alcune aggiunte di virgole nel corpo della conclusione di questo Discorso che ha certamente rappresentato il punto di partenza, la spinta per un nuovo avvenire dell’Italia, per la rinascita della libertà e della democrazia nel nostro paese.
In undicesima pagina toglie una virgola dopo l’aggettivo liberale.
Una annotazione conclusiva:
il testo è datato Sorrento 20 gennaio 1944 perché Benedetto Croce in quel tempo abitava a Sorrento nella storica Villa Tritone dove rimase fino a tutto il 1945. La splendida Villa a picco sul mare di Marina Grande, nel 2012 era in vendita per 35 milioni di euro! Sembrava dovesse acquistarla una giovane russa di 22 anni!!!!
*****
Analizzando e studiando le bozze, sfogliandole quasi religiosamente, siamo stati davvero colti da vivissima emozione al pensiero che queste paginette furono lette sfogliate e quindi donate a Ian Greenlees come gesto di grande amicizia, da quel piccolo e infreddolito ometto avvolto nel suo paltoncino marrone: colui che, come ebbe a dire Giuseppe Saragat nella commemorazione del primo centenario della nascita di Croce al Teatro S. Carlo di Napoli il 27 febbraio 1966, nella filosofia, nella storia, nella critica letteraria, nell’economia politica, nella letteratura, nella scienza della politica ha lasciato imperitura impronta del suo genio, così come nella prima metà del ventesimo secolo contribuì, più di ogni altro Italiano, a risvegliare la coscienza della Nazione ai grandi ideali che presiedono alla vita degli uomini e dei popoli.
Benedetto Croce, come ebbe a dire Michele Cifarelli, l’ideatore del Congresso di Bari e grande amico di Greenlees, fu il rappresentante di ciò che di più alto e di eterno hanno avuto l’Italia, l’Europa, l’umanità civile : il pensiero!
Ma Benedetto Croce non fu solo un uomo di grandissimo valore intellettuale, fu anche esempio per tutti di elevata statura morale. Basti, a tal proposito, ricordare che allorquando nel 1938 il regime fascista varò la legislazione antisemita, Croce non volle, come senatore e quale forma di protesta, partecipare alla seduta di Palazzo Madama; egli fu uno dei pochi a esprimersi a livello pubblico contro quella legislazione.
Il governo inviò a tutti i professori universitari e ai membri delle Accademie un questionario da compilare ai fini della classificazione “razziale”, una specie di richiesta di “autocertificazione razziale”. Tutti gli interpellati risposero. Il solo intellettuale non ebreo che rifiutò di compilare il questionario fu Croce, con la seguente motivazione:
«L’unico effetto della richiesta dichiarazione, sarebbe di farmi arrossire, costringendo me, che ho per cognome CROCE, all’atto, odioso e ridicolo insieme, di protestare (cioè dichiarare) che non sono ebreo, proprio quando questa gente è perseguitata.»
Quale differenza fra Benedetto Croce e tanti intellettuali, tanti pubblici personaggi, tante più modeste famiglie che si affannarono, in quel triste tempo, a dimostrare di non aver nelle loro vene alcuna stilla di sangue ebreo, ma di appartenere, invece, a quella che allora era considerata la vera e pura razza: l’ ariana!!!
CONCLUSIONE
A Bagni di Lucca, quindi, si conservano dieci paginette di povera carta con annotazioni manoscritte di un grande italiano, che furono la base della rinascita morale, sociale e politica della nostra Italia.
La Fondazione Michel de Montaigne le ha rinvenute e si impegna a custodirle gelosissimamente per tramandarle alle giovani generazioni che di quell’ Italia, rigenerata dal pensiero di Benedetto Croce, godono e godranno dei preziosi frutti. Questo è, davvero, il nostro sincero auspicio!